Dagli errori un’agenda per il Futuro.

18 Novembre 2020

Da mesi ormai viviamo in una condizione surreale e quasi schizofrenica, divisi tra due sentimenti diversi; un conflitto interno a noi stessi e molto profondo sta minando i nostri principali valori. Il conflitto lacerante tra le ragioni della salute individuale e della sanità pubblica e le altrettanto valide ragioni del lavoro, del sistema produttivo, della scuola e dell’università, dell’equilibrio sociale e della difesa delle situazioni più fragili. Il tutto immerso in una confusione mediatica in cui medici e virologi, spesso tra loro in disaccordo, sono contrapposti a economisti, imprenditori e politici senza che da questo dibattito emergano indicazioni chiare. Ogni giorno cerchiamo motivazioni che ci aiutino a resistere, sentiamo l’importanza del nostro impegno lavorativo, fingiamo ostinatamente una pseudo normalità e spesso critichiamo scelte che riteniamo troppo prudenti e poco lungimiranti; per poi pentircene quando alla sera i numeri dei contagiati e dei decessi ci riportano alla dura realtà di un virus che è ancora drammaticamente tra noi.
Per questo crediamo che sia arrivato il momento dell’unità e della consapevolezza, quella che ci porta ad accettare che entrambe queste realtà coesistano senza contrapposizioni. Senza tifoserie da talkshow, senza che opinionisti e leader politici continuino in divisioni che alla lunga finirebbero per logorarci.
Non possiamo più permetterci di sbagliare ancora: sinora non siamo stati capaci di programmare la ripartenza economica, così come di organizzarci per la seconda ondata. Abbiamo sbagliato tutti: cercare chi lo ha fatto più degli altri è un inutile gioco al massacro, che ci distrae dai veri obiettivi di oggi.
Dovremmo invece fare in modo che gli sforzi di ciascuno di noi, come cittadino o come professionista, rientrino in una pianificazione futura più ampia, che facciano parte di uno sforzo collettivo. Ora serve il coraggio di cambiare passo nella progettazione e nello sviluppo degli interventi necessari ad affrontare una stagione che prima o poi arriverà e che potrà tradursi nell’attesa e sperata ripartenza o in una ennesima disastrosa sconfitta. Non avremo vaccinato tutto il Paese prima di uno-due anni, è bene saperlo, e quindi il 2021 sarà un anno che oscillerà tra l’emergenza sanitaria, il rischio di una terza ondata, e l’indispensabile necessità di far ripartire rapidamente l’economia, in un equilibrio con il virus che abbiamo imparato essere difficilissimo. Se ragionassimo come un algoritmo, impareremmo dai nostri errori e questo indirizzerebbe le scelte nei prossimi mesi per fare in modo che accanto al dibattito sterile trovino spazio la competenza e l’esperienza.
Abbiamo ben visto quanto le indicazioni di salute condizionino le scelte sul lavoro e sulla scuola e viceversa. Definiamo quindi adesso, in queste settimane, un piano di emergenza che metta insieme il quadro sanitario con la situazione delle scuole e delle università, le presenze sui trasporti, gli orari delle attività lavorative, le percentuali di smartworking, i settori da proteggere. Un protocollo chiaro, comunicato in anticipo, utile per chiudere così come per riaprire, che possa servire anche a affrontare la temuta terza ondata che, purtroppo, resta una ipotesi non così remota. Non possiamo commettere gli stessi errori di impreparazione di questa volta, abbiamo mesi davanti per immaginare le possibili strategie di intervento negli ospedali così come sul territorio.

Questa però è una occasione eccezionale soprattutto per prevedere interventi strutturali. Dobbiamo ripensare un sistema sanitario che risente di oltre 40 anni di vita; intanto però il mondo è cambiato, così come le esigenze e i bisogni di salute, abbiamo una popolazione molto più anziana con importanti problemi di cronicità. Così come dobbiamo ripensare un sistema della formazione, troppo spesso incapace di cogliere le esigenze delle moderne generazioni e della loro preparazione per affrontare una società diversa con sfide complesse.
I sistemi di istruzione e formazione terziaria e il Servizio sanitario sono i pilastri fondamentali del nostro Paese, lo abbiamo appena sperimentato, ma è tempo di rifondarli e pensare a un new deal. Abbiamo i finanziamenti e l’esperienza per poterlo fare, è una opportunità da non perdere.