Può essere come una brutta influenza e passare in una settimana oppure aggravarsi rapidamente e in modo drammatico

20 Marzo 2020

Qual è il decorso dell’infezione da Sars-Cov-2? Lo tracciamo, per sommi capi, con l’aiuto di Sergio Harari primario di pneumologia e medicina all’ospedale San Giuseppe Multimedica di Milano e professore di Clinica Medica all’università di Milano. Per cominciare va detto che in circa l’80% dei casi l’infezione non dà sintomi oppure si manifesta con disturbi variabili ma non tali da richiedere il ricovero. Nel restante 20% ci sono difficoltà respiratorie che richiedono assistenza in ospedale e nel 2 per cento circa del totale l’esito è fatale, evenienza che si verifica soprattutto in persone anziane o portatrici di altre patologie. Le cifre vanno considerare approssimative, perché variano nei diversi Paesi e possono mutare all’aumentare dei dati raccolti (qui la mappa del contagio nel mondo).
 
I sintomi

Quando non è asintomatica la malattia di solito si manifesta come una «brutta influenza». In genere c’è febbre alta o molto alta, con brividi (segno che la temperatura sta salendo), accompagnata o meno da mal di gola, bruciore nella parte alta delle vie aree (tracheite), dolori diffusi, mal di testa, stanchezza profonda, non di rado congestione nasale e congiuntivite. Di recente è stata riscontrata in molti infetti la perdita del gusto e dell’olfatto, anche come unico sintomo. Possono intervenire anche disturbi gastrointestinali perché il virus non si ferma necessariamente nell’apparato respiratorio. Se la situazione evolve favorevolmente la febbre di solito passa in 5-7 giorni. Qualche volta c’è un ritorno febbrile dopo 1-2 giorni. La debolezza può essere lunga da smaltire. Il trattamento si avvale di antipiretici, essenzialmente il paracetamolo, che oltre ad abbassare la febbre è anche antidolorifico. È molto importante bere a sufficienza, per idratare le mucose e perché serve anche ad abbassare la febbre. Per i disturbi intestinali si può ricorrere ai classici farmaci cui si ricorre per la diarrea. Anche se non viene fatto il tampone è necessario limitare al minimo i contatti con le altre persone, compresi i familiari. In caso di convivenza bisogna indossare mascherina e guanti e disinfettare bene le superfici. Se si può, meglio tenere i bagni separati perché la localizzazione intestinale del virus rende plausibile la trasmissione per via fecale. Non si sa ancora con certezza dopo quanto tempo il malato si «negativizza». In teoria bisognerebbe fare un tampone, ma al momento non è sempre possibile, e ancora non si sa se, e per quanto, si sviluppi immunità.
 

Se manca il fiato

L’allarme deve scattare quando comincia a mancare il fiato, che può diventare corto e/o frequente, oppure, quando, avendo un saturimetro in casa, ci si accorge che la saturazione dell’ossigeno nel sangue scende di 4-5 punti rispetto allo standard della persona, tenendo presente che il confronto deve essere fatto a parità di temperatura, perché quando la febbre sale la saturazione si abbassa. In questi casi in ospedale si fa a una lastra al torace per verificare se c’è interessamento polmonare, nel qual caso si procede al ricovero perché ci può essere un peggioramento drammatico e rapido, talvolta anche nel giro di poche ore, che rende necessaria l’assistenza respiratoria, con strumenti come il cPap (lo stesso usato da chi soffre di apnee notturne), gli ormai famosi caschi oppure, quando non c’è altra scelta, con l’intubazione. Questi interventi sono indispensabili perché Sars-Cov-2 ha la capacità di insediarsi negli alveoli polmonari, dove provoca un’importante infiammazione e rende difficile la funzione essenziale di questi piccoli «acini» e cioè la cessione di anidride carbonica prodotta dal corpo (nell’aria espirata) e l’assunzione di ossigeno dall’esterno (dall’aria inspirata). Ciò, oltre a essere necessario per la sopravvivenza, ha ruoli meno ovvi, ma altrettanto fondamentali per l’equilibrio dell’organismo, come il mantenimento dell’equilibrio acido-base.
 

Le terapie e i controlli

Per quanto attiene alle terapie farmacologiche gli antivirali attualmente usati sono il Remdesivir, di cui è appena iniziata una sperimentazione e la combinazione Lopinavir/Topinavir, che però, secondo uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine non sembra fornire vantaggi significativi. Vengono poi adoperati farmaci antimalarici o antireumatici, come l’ormai famoso Tocilizumab, per ridurre la cosiddetta «tempesta citochinica», che è un altro non è che un’enorme condizione infiammatoria. Dopo la dimissione è necessario ricontrollare il paziente dopo 14 giorni con due tamponi ravvicinati in successione e solo a quel punto si può dire che la persona non è più infettiva. Nel frattempo dovrebbe seguire le regole di separazione o almeno di protezione con i familiari.