Il punto di vista di Sergio Harari, professore di Medicina Interna all’Università degli Studi di Milano, direttore Pneumologia e Medicina Interna all’Ospedale San Giuseppe MultiMedica Milano

24 Novembre 2021

Il tennista Fabio Fognini, la nuotatrice Federica Pellegrini, il pilota Valentino Rossi, il calciatore Cristiano Ronaldo, solo per citarne alcuni. E nelle ultime settimane il ciclista Filippo Pozzato, ricoverato e poi dimesso dall’ospedale di Vicenza con una grave polmonite dovuta al Covid. In quarantena, risultati positivi al coronavirus, sono finiti in questi due anni moltissimi atleti professionisti e alcuni tra i simboli dei vari sport, poi tornati ai loro massimi livelli agonistici, grazie anche alla loro giovane età.

Ma che succede nella popolazione generale, negli sportivi amatoriali e dilettantistici? Lo chiediamo a Sergio Harari, professore di Medicina Interna all’Università degli Studi di Milano, direttore Pneumologia e Medicina Interna all’Ospedale San Giuseppe MultiMedica Milano. “Superata la fase acuta di malattia si possono avere due situazioni che possono essere distinte o possono anche associarsi tra loro – dice Harari -. L’una è un danno polmonare conseguente alla polmonite che può richiedere, anche nelle forme non gravi, mesi per risolversi completamente. L’altro una forma asmatica innescata dal virus che può efficacemente essere trattata con steroidi inalatori e broncodilatatori. Quest’ultima può spegnersi nell’arco di alcuni mesi, ma in altri casi resta per sempre”.

Quali controlli fare? “Sicuramente una visita pneumologica con una radiografia del torace e una spirometria che aiutano a capire nell’immediato lo stato di salute dei polmoni. Il medico valuterà poi caso per caso se è necessario effettuare ulteriori approfondimenti, come ad esempio una Tc del torace ad alta risoluzione senza mezzo di contrasto”.

Chi ha la possibilità di recuperare pienamente e chi no?
“Il recupero funzionale avviene solitamente a 6-12 mesi e la normalizzazione della Tac, ma spesso l’eradicazione del virus non coincide con la guarigione clinica. Non sappiamo quali pazienti recupereranno prima o dopo, non necessariamente è sempre legato alla gravità del Covid avuto. Una quota minima di pazienti ha una fibrosi polmonare che perdura”.

Quando si torna a una situazione di normalità? “Il tempo è molto variabile, dipende dalla gravità della forma di cui si è sofferto e da fattori che ancora non ben conosciamo. In una percentuale, fortunatamente bassa, di casi però i danni polmonari possono rimanere permanenti”.

Come riconosco di avere un Long Covid?
“Un senso di costrizione toracica, fiato corto nel fare le scale o camminate lunghe che non se ne vanno sono i segnali più comuni. In tal caso è meglio rivolgersi al proprio medico curante che deciderà se procedere con eventuali esami di screening (come la spirometria) e la tac del torace per vedere se ci sia un danno persistente. Una quota di pazienti ha però una tac normale, pur presentando sintomi”.

Più in generale, quando si può riprendere a fare attività sportiva dopo una polmonite?  “Non esiste un’indicazione universalmente valida per tutti. Dipende da come si sente il paziente, dalla sua età, dalle condizioni generali di salute e dalla gravità della forma di cui ha sofferto. Mediamente, per avere un riferimento, potremmo dire un mese circa, ma ogni caso è a sé. Certo è che per tutti la ripresa deve sempre essere graduale e vanno evitati gli sforzi eccessivi nell’immediato. E’ fondamentale l’allenamento riprenda poco alla volta”.

Come “si aiutano” i polmoni?
“Le attività fisiche che fanno lavorare i polmoni sono da preferire: il nuoto per eccellenza. Bisogna sforzarsi, poco alla volta, senza esagerare ed è importante monitorare la saturazione, che durante l’esercizio (come una corsa o una partita) deve sempre essere sopra al 90-92 per cento. Se vediamo che i livelli sono buoni possiamo fare quel che ci sentiamo con gradualità”.

Gazzetta Salute