Il Ministro della Salute intervenuto al «Tempo della Salute» sulle criticità segnalate dai cittadini nel sondaggio di Corriere Salute sul Servizio sanitario nazionale

10 Novembre 2023

Assistiti rimasti senza medico di famigliavisite ed esami effettuati a pagamento a causa delle lunghe attese nell’ambito del Servizio sanitario nazionale che non riesce a garantire le prestazioni nei tempi giusti, nemmeno quelle urgenti, segnalate dal dottore, col codice di priorità, sulla ricetta del Ssn (si veda anche il Piano nazionale di governo delle liste di attesa 2019-21). E ancora: pazienti «insoddisfatti» del Pronto soccorso, altri che hanno avuto difficoltà ad accedere all’assistenza domiciliare integrata, garantita spesso solo dagli infermieri. Sono alcuni risultati del sondaggio promosso da Corriere Salute, insieme all’associazione non a scopo di lucro Peripato, illustrati e discussi al «Tempo della Salute», in corso a Milano presso il Museo della Scienza e della Tecnologia, durante un incontro dal titolo «Gli italiani e il Servizio Sanitario Nazionale - I risultati di un’indagine di Corriere.it», col Ministro della Salute Orazio Schillaci Sergio Harari, presidente dell’Associazione Peripato, nonché professore di Medicina interna all’Università di Milano e primario di Medicina interna e pneumologia all’Ospedale San Giuseppe Irccs Multimedica di Milano.
 
Ha commentato il Ministro Schillaci: «I dati servono a capire la percezione che hanno i cittadini del Servizio sanitario nazionale, e il sondaggio evidenzia alcuni punti di forza e debolezza già conosciuti, per esempio, la maggior parte dei cittadini sono soddisfatti del ricovero in ospedale; viceversa è diversa la sensazione che si ha del Pronto soccorso: il problema è dovuto al fatto che in molte zone del Paese rimane l’unico presidio cui i cittadini si possono rivolgere

Si punta sull’assistenza territoriale grazie ai fondi del Pnrr

Di certo, ha proseguito il ministro, «bisogna far sì che un minor numero di cittadini si rivolgano al Pronto soccorso: dai dati in nostro possesso risulta che molte persone che vi si recano non dovrebbero andarci (perché non ci sono urgenze ndr); per questo stiamo incrementando la medicina territoriale, che ha dimostrato le maggiori debolezze nel periodo della pandemia; è chiaro che una medicina moderna più vicina alle esigenze del cittadino non può prescindere, oltre che da ospedali che funzionano bene, dalla medicina territoriale che va implementata dal ruolo del medico di medicina generale, colui che meglio di altri conosce i suoi assistiti e dovrebbe indirizzarli verso i percorsi diagnostico-terapeutici più efficaci». E ancora, ha detto il ministro, «bisogna rendere più attrattiva la figura del medico di medicina generale, perché diventi uno specialista come avviene per altre branche della medicina; va chiarito coi medici di medicina generale che è indispensabile il loro apporto nelle Case di Comunità - ha aggiunto -. Nel disegno di legge di Bilancio c’è un segnale importante: sono previsti 250 milioni per assumere personale per le Case di Comunità, nel 2025 ce ne saranno 360 milioni» perché, ha sottolineato Schillaci, «il “capitale” umano è la parte più importante».

Salute mentale, altra priorità per il ministro

E ancora, alla domanda sulla salute mentale dei giovani sempre più a rischio, il ministro ha risposto: «Stiamo sbloccando il ”bonus psicologo” che, però, non è l’unica risposta da dare. Abbiamo istituito al Ministero un tavolo di lavoro sulla salute mentale, bisogna intervenire soprattutto in termini di prevenzione fin dalle scuole primarie e anche combattere lo stigma. Alcune regioni hanno già ampliato l’offerta di servizi istituendo lo psicologo di base».
 

Liste di attesa, manca il monitoraggio

Un altro argomento affrontato dal ministro ed evidenziato anche dal sondaggio di Corriere Salute è quello che Schillaci ha definito il «problema annoso e doloroso delle liste di attesa, la percezione peggiore che i cittadini hanno del Servizio sanitario nazionale».
C’era scritto nel Piano Nazionale di Governo delle Liste d’Attesa 2019/2021: le regioni avrebbero dovuto trasmettere i dati da pubblicare annualmente sul portale del ministero della Salute. Ma così non è stato, come ha fatto notare lo stesso Ministro: «Non c’è nessun sistema efficace di monitoraggio delle liste di attesa. In realtà dobbiamo avere dei dati perché se non si hanno dati precisi non si può “curare la malattia”. Il nostro impegno, con la collaborazione di Agenas, è supportare le regioni nella raccolta analitica dei dati, per poter intervenire».
Altra cosa già prevista dal Piano nazionale di governo delle liste di attesa era l’inserimento delle agende di prenotazione del privato accreditato nel sistema Cup- Centro unico di prenotazione. Il ministro ha ribadito: «Dobbiamo fare in modo di mettere insieme l’offerta del pubblico e del privato accreditato nei Cup regionali, e so che in questa direzione si stanno muovendo Lombardia e Lazio».
 

Telemedicina ancora al palo

Dal sondaggio di Corriere Salute è emerso anche come la telemedicina sia ancora scarsamente diffusa. Il ministro ha commentato: «Il Servizio sanitario ha bisogno di un ammodernamento. L’altro braccio del Pnrr, oltre all’assistenza domiciliare, è la digitalizzazione e la telemedicina, punto di partenza anche per superare le tante differenze inaccettabili, tra Nord e Sud, ma anche tra città e piccoli paesi della stessa regione».
 

L'indagine

All’indagine hanno risposto oltre 8.500 persone, con età media di 61 anni.
Complessivamente, il 62% dei rispondenti soffre di almeno una patologia, la maggioranza di ipertensione (28%), cardiopatie (10%), a seguire: tumoridiabetepatologie autoimmuni (per esempio: artrite reumatoide, lupus), obesitàasmabroncopneumopatia cronica ostruttiva, di altre patologie quali malattie della tiroideosteoporosiglaucoma, IPB-ipertrofia prostatica benigna, ipercolesterolemia, allergie. Il 38%, invece, non ha nessuna patologia in particolare.

Quanto alle abitudini di vitail 10% delle persone che hanno risposto al sondaggio fuma abitualmente (soprattutto sigarette convenzionali, circa mezzo pacchetto-un pacchetto al giorno); il 30% è ex fumatore e ha smesso da più di un anno; il 54% non ha mai fumato.
La maggior parte (77%) pratica regolarmente attività fisica - soprattutto camminata - per tenersi in forma, tutti i giorni o più volte a settimana.

Screening oncologici offerti dal Ssn, quando l’Asl non manda l’invito
Quanto agli screening oncologici per la diagnosi precoce di alcuni tumori (colon retto, mammella, cervice uterina) offerti gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale (si veda qui) e rivolti a determinate fasce di popolazione, è stato chiesto ai partecipanti al sondaggio se avessero ricevuto l’invito a farli da parte della Asl. Ebbene, per la mammografia (screening offerto gratuitamente alle donne tra i 50 e i 69 anni), il 64% delle donne che hanno partecipato all’indagine ha ricevuto l’invito dalla Asl e ha effettuato l’esame; il 14% l’ha ricevuto ma non ha effettuato la prestazione, mentre il 22% non ha ricevuto l’invito a fare lo screening mammario. Per il pap-test/Hpv (screening gratuito per le donne dai 25 ai 64 anni), invece, ben il 60% delle rispondenti non ha ricevuto l’invito dell’Asl; il 31% l’ha ricevuto e ha effettuato l’esame, il 9% l’ha ricevuto ma non ha effettuato il pap test.
Per la ricerca di sangue occulto nelle feci (screening per il cancro del colon retto offerto gratuitamente a uomini e donne tra i 50 e i 69 anni), il 52% ha ricevuto l’invito e ha fatto l’esame, il 27% non l’ha ricevuto, il 21% ha ricevuto l’invitoma non ha fatto l’esame.

Medico di famiglia, l’1,7 per cento non ce l’ha
Ben l’1,7% delle persone che hanno risposto al sondaggio non ha il medico di famiglia. I motivi? In molti casi il medico di famiglia è andato in pensione e non è stato sostituito.
Il medico di base usa strumenti di comunicazione per seguire in remoto gli assistiti? Dalle risposte è emerso che il 59% dei medici usa il telefono, il 62% l’email, il 33% chat (per esempio, whatsapp), il 14% sms, il 10% per cento nessuno di questi strumenti.
Complessivamente il 74% dei rispondenti ha effettuato, nell’ultimo anno, visite presso lo studio del proprio medico di base. Oltre 4 pazienti su 10 dichiarano di avere avuto qualche difficoltà nell’effettuare visite nello studio del proprio dottore, in particolare a causa di orari o giorni limitati per le visite ( 23%) o perché le visite, su prenotazione, erano fissate molto in là nel tempo (15%), o a causa di lunghe attese in ambulatorio e difficoltà a contattare il medico per prenotare (10%).
Complessivamente, il 3,2% di coloro che hanno risposto al sondaggio ha chiesto al dottore una visita a domicilio ma ben il 18% dei medici non effettua visite a domicilio.

Visite specialistiche, 1 su 2 a pagamento per le lunghe attese nel pubblico
Complessivamente, l’84% dei rispondenti ha effettuato visite specialistiche. In media una persona su due le ha effettuate solo a pagamento, e non col Servizio sanitario nazionale. I motivi? Ben l’87% ha fatto questa scelta a causa dei lunghi tempi di attesa nel pubblico.
Anche tra chi non ha un’assicurazione sanitaria che copre le spese, il 44% ha effettuato visite specialistiche solo a pagamento.

Assistenza domiciliare integrata, accesso difficile per 1 paziente su 4
È stato chiesto ai partecipanti al sondaggio se hanno utilizzato negli ultimi anni il servizio di assistenza domiciliare integrata (ADI) gratuitamente (garantito dal Servizio sanitario nazionale nell’ambito dei Lea-Livelli essenziali di assistenza ndr). Complessivamente, il 5% dei rispondenti ha utilizzato l’ADI. Tra questi, il 79% l’ha utilizzata per un proprio familiare, il 16 % per se stesso. Quanto al tipo di assistenza utilizzata, nel 68% dei casi si è usufruito del servizio infermieristico.
Dal sondaggio emerge che il 77% dei rispondenti non ha avuto difficoltà ad avere l’Adi, quindi quasi un assistito su quattro ha avuto problemi nell’accesso al servizio. Complessivamente il 63% lo ritiene un servizio adeguato, il 37% no.
Tra gli utilizzatori dell’ADI, il 71% l’ha utilizzata in seguito a un ricovero. Tra questi, solo il 53% ha ricevuto supporto per la sua attivazione dopo le dimissioni dall’ospedale.

Pronto soccorso, 4 persone su 10 insoddisfatte del servizio
Complessivamente, il 34% dei rispondenti ha utilizzato il Pronto soccorso negli ultimi 2 anni. Oltre 4 persone su 10 (il 43%) non sono soddisfatti del servizio di cui hanno usufruito. Gran parte dei ricoveri (88%) sono stati effettuati nel pubblico, col Servizio sanitario nazionale; il 66% era stato programmato: di questi, il 39% ha aspettato meno di un mese per essere ricoverato, il 43% da uno a sei mesi. Buono invece il giudizio sui ricoveri che soddisfa il 64% dei rispondenti.