La disponibilità e qualità dell’acqua sono condizionate dalla distruzione delle infrastrutture ucraine e dalla contaminazione delle riserve con i prodotti tossici

30 Giugno 2022

Esiste un aspetto della guerra in Ucraina poco noto ma che rappresenta un serio problema, un «danno collaterale» il cui prezzo ricade e ricadrà per molti anni a venire su tutti noi. Il conflitto ha un impatto devastante sull’inquinamento ambientale, certamente meno drammatico delle morti e delle distruzioni alle quali stiamo assistendo, ma che è importante conoscere e affrontare, almeno per quanto possibile fare.

In questi quattro mesi di battaglie si è già registrato un aumento significativo dei gas serra causato dai combattimenti, mentre gli scontri avvenuti nelle vicinanze della centrale nucleare di Chernobyl e di quella di Zaporizhzhia (la più grande in Europa) destano serie preoccupazioni sulla possibilità di fughe radioattive. L’apprensione riguarda anche la contaminazione delle falde acquifere e conseguentemente del danno alle piante e agli animali che pascolano in quelle aree. La disponibilità e qualità dell’acqua sono condizionate dalla distruzione delle infrastrutture e dall’inquinamento delle riserve mentre i prodotti tossici provenienti dalle aree belliche possono raggiungere i mari, i laghi, i fiumi.

Intanto i bombardamenti e lo scavo di tunnel e di trincee hanno un impatto negativo sui processi di degradazione e formazione del suolo modificandone le sue componenti costitutive e stravolgono il paesaggio dell’Ucraina che viene considerato essere il granaio d’Europa, diminuendo a vari livelli le sue capacità produttive con gravi ripercussioni economiche e sociali.

Inoltre, la drammatica deforestazione in atto secondaria ai bombardamenti e agli incendi avrà seri ripercussioni nel ridurre la capacità di equilibrio e di contenimento dell’ecosistema sui cambiamenti climatici e sull’inquinamento dell’aria. Una stima di poche settimane fa (ma intanto la situazione è ulteriormente peggiorata) valutava che un terzo dell’agroecosistema ucraino fosse già non accessibile, con difficoltà all’approvvigionamento di mais, grano, olio di girasole e fertilizzanti. Secondo la Banca Mondiale un terzo della terra più fertile al mondo (il terreno Chernozem) si trova in Ucraina, di cui il 68% è arabile con successo, anche per questo, a parere di molti esperti internazionali, il conflitto in corso può determinare la più grande crisi globale di cibo dopo la Seconda guerra mondiale.

Il danno ambientale causato dall’aggressione russa all’Ucraina perdurerà per molti anni, anche se la guerra terminasse magicamente oggi ci vorrebbero decenni per recuperare l’impatto negativo sui cambiamenti climatici, sulla perdita di biodiversità (l’Ucraina costituisce il 35% della biodiversità di tutto il continente europeo), sulla degradazione del suolo e per tentare di riequilibrare l’ecosistema messo a così dura prova. Le attività belliche rilasciano, infatti, nell’aria sostanze estremamente tossiche: inquinanti organici, idrocarburi policiclici aromatici, diossina, monossido di carbonio, bifenili policlorurati secondariamente alle esplosioni e all’intenso traffico di mezzi militari. L’attacco a depositi di combustibili e di benzina come già avvenuto nelle aree di Mykolaiv, della base aerea di Vasylkiv, di Rovenky, Borodianka e Chernihiv hanno causato picchi molto alti di inquinamento dell’aria. Se da un lato il piano della Commissione Europea «REPowerEU», prevede una azione congiunta per ottenere energia conveniente, sicura e sostenibile in grado di accelerare la transizione verde, d’altra parte le Nazioni Unite hanno denunciato come l’attuale crisi energetica innescata dalla guerra costituisca una forte spinta all’utilizzo di combustibili fossili.

Purtroppo la devastazione ambientale causata dal conflitto Russo-Ucraino avrà e in parte ha già ricadute drammatiche sull’aria, sulle acque, sull’inquinamento della terra, sull’ecosistema e sulle biodiversità che vanno molto al di là delle nostre capacità attuali di previsione e che andranno affrontate con attente politiche europee e internazionali che mettano al sicuro il futuro del nostro Continente.

Foto di Unsplash