L'ozono è un potente irritante le cui concentrazioni nel nostro Paese sono in costante crescita e sono tra le più alte d'Europa, data anche la posizione geografica dell'Italia

26 Luglio 2016

Un mio familiare, un po' avanti con gli anni, ha avuto nei giorni scorsi febbre, peraltro non molto alta, tosse e soprattutto lamentava di sentirsi stanco e debole. Pensavamo a una forma di tipo influenzale, ma il medico che l'ha visitato ha diagnosticato addirittura una polmonite. Ha prescritto, quindi, una cura di antibiotici e ha raccomandato vivamente anche un periodo adeguato di convalescenza, senza strapazzi e imprudenze, una volta terminata la terapia. Non starà esagerando a parlare di polmonite? Non è una malattia tipica delle stagioni fredde? Insomma, mi stupisce questa diagnosi in un periodo che, se pur di tempo variabile, è comunque caratterizzato da temperature elevate.

Risponde Sergio Harari, primario reparto di Pneumologia, Ospedale San Giuseppe, Milano

Tutti siamo legati all'idea che i disturbi respiratori siano più frequenti nei mesi invernali, ma così non è. Polmoniti e broncopolmoniti imperversano anche d'estate, complici l'ozono e gli sbalzi di temperatura. L'ozono è un potente irritante le cui concentrazioni nel nostro Paese sono in costante crescita e sono tra le più alte d'Europa, data anche la posizione geografica dell'Italia. Questo inquinante ha principalmente un'azione irritante sulle mucose; le più frequentemente interessate sono le congiuntive e le superfici delle vie aeree superiori (naso-faringe) e inferiori (bronchi). L'esposizione a elevate concentrazioni di ozono può quindi causare congiuntiviti, riniti e favorire l'insorgenza di bronchiti e polmoniti, oltre a aggravare i casi di asma bronchiale. Ma anche in assenza di alte concentrazioni di questo gas le polmoniti d'estate sono molte. Si possono presentare con o senza febbre, talvolta l'unico sintomo può essere una stanchezza profonda, spesso è presente anche una tosse che può essere secca e irritativa o produttiva con catarro purulento.

Lo sfebbramento avviene dopo 48-72 ore dall'inizio della terapia antibiotica, ma la tosse può persistere molto più a lungo e così anche la stanchezza, che richiede un certo periodo di convalescenza per scomparire del tutto. La stragrande maggioranza delle terapie antibiotiche sono empiriche, non basate su riscontri microbiologici, d'altra parte il riconoscimento dell'agente causale eziologico delle polmoniti normalmente avviene solo in una percentuale molto limitata di casi. Non infrequentemente, soprattutto di questi tempi, si possono registrare casi di polmoniti da germi cosiddetti atipici, come la Chlamydia pneumoniae o il Mycoplasma, contro i quali sono efficaci solo alcune categorie di antibiotici, come i macrolidi, le tetracicline e i fluorchinolonici, e che possono determinare il fallimento di un primo ciclo di antibiotici di altro tipo. I germi atipici possono anche rendersi responsabili di piccole epidemie di comunità, a casa, al lavoro o, quando sono aperte, nelle scuole.

Febbre e temperature esterne elevate possono facilmente causare disidratazione e peggiorare le condizioni del paziente, soprattutto se anziano o se portatore anche di altri disturbi. Le terapie già in corso, come farmaci per la pressione o cardiologici, andranno rimodulate tenendo conto della nuova situazione clinica. Non sempre è necessario ricorrere a grandi accertamenti per curare una polmonite, soprattutto se è di limitata estensione e in un paziente altrimenti sano: la visita clinica e l'auscultazione sono infatti di grande importanza e possono in molti casi aiutare a evitare esposizioni radiologiche eccessive. La stragrande maggioranza delle polmoniti guariscono perfettamente e senza lasciare esiti, bisogna però non sottovalutare la situazione e concedersi un adeguato tempo di terapia e di convalescenza, anche se questo, in estate, rischia di rovinare i progetti di vacanza; ma prima viene la salute.

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