Da gennaio sigarette e tabacco potrebbero costare di più e il prezzo continuerebbe a salire di anno in anno fino al 2028. È l’intervento su cui è al lavoro il Mef con un piano di rialzi progressivi delle accise sui prodotti da fumo a partire dal 2026. I prezzi crescerebbero progressivamente nel prossimo triennio, fino a raggiungere un aumento finale di un euro e mezzo. Gli aumenti permetterebbero così al nostro Paese di adeguarsi alle nuove indicazioni dell’Unione Europea, mantenendo e incrementando l’attuale gettito fiscale che ammonta complessivamente a circa 15 miliardi/anno. Meno penalizzate sarebbero le sigarette elettroniche e quelle a tabacco riscaldato, la cui diffusione è sempre maggiore in particolare tra i giovani.
Quello che colpisce, però, è che, malgrado le gravi difficoltà nelle quali versa il nostro Servizio Sanitario, nessuno abbia accennato alla possibilità di destinare parte di questi finanziamenti alla sanità. Eppure oggi in Italia si contano 12 milioni di fumatori (con 93.000 decessi all’anno), un dato stabile ormai da qualche tempo dopo il calo registrato grazie alla legge Sirchia, e molti di questi sono giovani. È da anni che la comunità scientifica chiede una tassa di scopo sul fumo o che almeno una parte dei proventi fiscali vengano destinati ad azioni di prevenzione e alla salute dei cittadini (e anche da queste pagine ci si è espressi più volte in tal senso) ma alla fine non si è mai arrivati all’obiettivo, neanche quando si era speso a favore qualche politico di peso, come nel 2017 l’allora ministro della salute Beatrice Lorenzin e prima ancora Umberto Bossi.
Non si capisce poi perché le nuove forme di fumo debbano avere un trattamento di favore (o forse si capisce fin troppo bene se si pensa ad esempio alle attività di Philip Morris in Italia), quando sempre più studi scientifici ci dicono che sono tutt’altro che innocue e che gli effetti nocivi sono molto più importanti di quanto si pensasse fino a qualche anno fa.
Quando si arriverà a un aumento della tassazione dei prodotti del fumo sarebbe auspicabile che una parte significativa dei proventi sia destinata ad azioni di difesa della salute, ovvero attività di prevenzione e screening delle malattie fumo correlate, potenziamento del Servizio sanitario nazionale, finanziamento della ricerca indipendente. E non solo a fare cassa.
Foto Unsplash
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