La difficoltà a respirare, in termini medici «dispnea», può essere la spia di numerose malattie. E ora si aggiungono la paura di Covid e il «problema mascherina»

09 Maggio 2021

Mai come in questo (lungo) periodo ci è capitato di pensare, anche senza aver fatto particolari sforzi: «Accidenti, mi manca il respiro». Vuoi le mascherine, vuoi la sensazione di disagio che ora ci prende quando non ci sentiamo protetti dal chiuso delle mura domestiche, vuoi la mancanza di esercizio fisico che fa provare rapidamente stanchezza, l’impressione di avere il fiato corto si fa sentire spesso anche tra chi anziano non è. Sarebbe bello poter capire immediatamente se si tratta solo di una sensazione dovuta a un generico stato di ansia o a un problema fisico, ma la distinzione non è sempre facile. La difficoltà a respirare, in termini medici dispnea, può infatti essere la spia di numerose malattie, a partire dall’asma per arrivare all’anemia.

Componente psicologica
«Si tratta di un sintomo che può creare angoscia, dando il via a un circolo vizioso, in cui all’eventuale malattia organica si può aggiungere una componente psicologica — spiega Sergio Harari, direttore della Clinica medica all’ospedale San Giuseppe MultiMedica di Milano e professore di Medicina interna all’Università Statale di Milano —. Ecco perché occorre anche inquadrare il profilo psicologico della persona, a maggior ragione se è presente una disparità tra la situazione clinica e la gravità della mancanza di fiato. Ricordiamo che la dispnea è un sintono soggettivo, avvertito dal paziente che può anche prescindere da qualsiasi difficoltà respiratoria obiettiva».

Quali le possibili cause?
«Qualunque malattia cardiopolmonare acuta o cronica può presentarsi con difficoltà respiratoria. Le cause polmonari più frequenti sono l’ostruzione bronchiale legata a un attacco di asma, il pneumotorace, le polmoniti e la più grave embolia polmonare. In gran parte dei casi la dispnea cronica è conseguenza di malattie respiratorie croniche come broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), enfisema polmonare, asma, fibrosi o altre malattie interstiziali, malattie della pleura e anche ipertensione polmonare, una malattia dei vasi polmonari. Anche numerose patologie cardiovascolari possono essere accompagnate da dispnea. Sebbene con minore frequenza, la mancanza di fiato può, infine, essere spia di malattie come anemia, neuromiopatie (per esempio miastenia e Sla), ipertiroidismo, obesità (si vedano anche gli articoli nelle pagine seguenti, ndr)».

Come fare una prima distinzione?
«Bisogna prestare attenzione a come il paziente descrive la situazione. Espressioni come “mi manca il respiro”, “ oppure mi sento soffocare”, “non posso respirare profondamente” o “il mio respiro è diventato pesante” possono essere di aiuto per indirizzare la diagnosi. Il respiro pesante, per esempio, richiama un senso di costrizione toracica che può far pensare all’asma. Inoltre è importante capire se e quanto l’eventuale componente ansiosa influenza la mancanza di fiato. Anche la presenza di altri sintomi, come dolore al torace, palpitazioni, febbre, stanchezza, infezioni respiratorie, può fornire informazioni preziose. Una volta visitato il paziente si passa ad accertamenti più mirati come: esami del sangue (per capire se sono presenti anemia o ipertiroidismo); spirometria (permette di diagnosticare asma, Bpco e altre malattie respiratorie e di seguirne l’evoluzione); lastra del torace (può documentare una polmonite o altre malattie del tessuto polmonare); elettrocardiogramma e l’ecocardiogramma se si sospettano dei problemi cardiovascolari».

Come si può intervenire ?
«Il trattamento da adottare dipende ovviamente dalla cause che provocano dispnea. «In molte situazioni la terapia farmacologica è efficace e risolutiva, basti pensare alle polmoniti. Spesso l’attenzione da parte del paziente a seguire le cure regolarmente, come in caso di asma, è fondamentale per ottenere risultati concreti e di lungo periodo».

A tutte le possibili cause della mancanza di fiato ora però va aggiunto anche Covid-19...
«In parecchi casi si è visto che chi è stato attaccato dal Coronavirus manifesta un fenomeno definito “happy hipoxia”, ipossia felice: il che significa che i pazienti non percepiscono adeguatamente la severità dei loro sintomi e della situazione di insufficienza respiratoria che vivono. Un semplice saturimetro, di uso anche casalingo, è assai utile per monitorare in modo obiettivo la situazione clinica. Sotto il 92% di saturazione, in un soggetto per il resto sano, è bene rivolgersi a un ospedale. Fondamentale è comunque sempre essere seguiti, anche durante le fasi domiciliari, dal proprio medico di famiglia. È bene ricordare che nella maggior parte dei casi è sufficiente assumere paracetamolo per il controllo della febbre e dei dolori osteo-muscolari, come nei casi di influenza. L’uso del cortisone e delle eparine è riservato a alcune situazioni particolari mentre gli antibiotici sono del tutto inutili. Esiste un preciso protocollo ministeriale facilmente reperibile sul web, al quale si può fare riferimento».

Foto Unsplash
saturimetro
Un semplice saturimetro, di uso anche casalingo, è assai utile per monitorare in modo obiettivo la situazione clinica. Sotto il 92% di saturazione, in un soggetto per il resto sano, è bene rivolgersi a un ospedale.