In chi ha ridotte difese immunologiche (per cause diverse), dopo aver individuato il microrganismo responsabile dell’infezione polmonare, si avviano terapie mirate, modulate anche in base ai trattamenti in corso per altre patologie

10 Aprile 2023

Silvio Berlusconi è ricoverato in terapia intensiva all’ospedale San Raffaele di Milano per la cura di un’infezione polmonare, conseguenza della leucemia mielomonocitica cronica, di cui soffre da tempo.
Ma come si cura una polmonite in pazienti che hanno malattie ematologiche?

Pazienti con scarse difese immunitarie
Spiega il professor Sergio Harari, direttore dell’Unità operativa di Pneumologia all’Ospedale San Giuseppe MultiMedica di Milano e professore di Medicina interna alla Statale: «Le polmoniti, che possono colpire i pazienti “immunodepressi” a causa di patologie tumorali come nel caso di Berlusconio per altre condizioni - quella da HIV è la più nota - o, per esempio, in seguito a trattamenti cortisonici o a trapianti d’organo, possono essere polmoniti “classiche”, come quelle che si manifestano nel soggetto senza altre malattie sottostanti, oppure polmoniti dovute a una categoria di microrganismi definiti “patogeni opportunisti”, che normalmente non sono pericolosi ma che lo possono diventare nei pazienti con scarse difese immunitarie, come alcuni funghi o virus (uno dei più comuni è il citomegalovirus)».
 
Terapie diverse
Quali sono le cure possibili? Chiarisce lo pneumologo: «Se per curare la polmonite in pazienti “normali” si ricorre in generale a terapie antibiotiche a largo spettro senza necessariamente conoscere l’agente infettivo responsabile, lo scenario cambia radicalmente quando il paziente è immunodepresso. In questi casi è molto importante cercare di individuare il microrganismo responsabile; infatti, – prosegue il professor Harari – i trattamenti possono essere molti diversi. È quindi fondamentale attuare, se possibile, terapie mirate».
Come s’individua l’agente infettivo?
«Per fare la diagnosi ci si può avvalere degli esami di laboratorio, della Tac, di esami colturali o, eventualmente, di una broncoscopia per recuperare direttamente materiale delle vie aeree e poterlo analizzare – spiega l’esperto –.
Il processo diagnostico deve essere più rapido e puntuale che nelle polmoniti che colpiscono i pazienti “non immunodepressi”; anche perché si possono verificare due problemi: il primo dovuto al fatto che la polmonite, in questi soggetti, può avere un decorso rapidamente ingravescente, quindi è necessario essere molto tempestivi nell’impostare una terapia mirata; il secondo problema può essere dovuto al fatto che, oltre a dover trattare l’agente infettivo, bisogna utilizzare farmaci per trattare la malattia di base (in questo caso la leucemia mielomonocitica cronica, ndr), e i due tipi di trattamenti potrebbero necessitare di un attento bilanciamento» conclude il professor Harari.